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Immagine del redattoreTeatro La Contrada

VETTORI 2024 // EQUILIBRI INSTABILI // La Contrada Teatro Stabile di Trieste - RESIDENZEARTISTICHE.IT



Con Vettori 2024 – Artisti nei Territori, prosegue il sostegno della Contrada alla ricerca e alla sperimentazione attraverso la creazione di spazi di esperienza. L’artista, come portatore di ‘equilibri instabili’, sarà il catalizzatore che ispira le connessioni remote ed inaspettate tra diverse culture e individui.


E’ un fatto che la cosiddetta vita virtuale si è arricchita enormemente e continuerà ad accelerare anche una volta debellato il virus. Nulla sarà come prima: prima di tutto perché questa crisi ha una vastità d’impatto mai vista: la pandemia ha sconvolto le abitudini e gli stili di vita di interi paesi e cambiato radicalmente le relazioni interpersonali e il rapporto con il lavoro.

Difficile davvero pensare di tornare semplicemente a prima. Ma forse è possibile cogliere questa occasione per disegnare nuovi equilibri, nei rapporti con la famiglia, con i partner, con il lavoro, tra i cittadini, nelle gerarchie sociali. Anche nella nostra piccola esperienza individuale si comprende che necessariamente si andrà incontro a equilibri instabili, forieri di crisi, inciampi, cadute e risalite. Ecco perché un ossimoro è il titolo del nostro progetto triennale di Residenze: anche nello spettacolo dal vivo, nell’arte, nel corpo degli artisti vedremo sperimentare quelli che abbiamo chiamato equilibri instabili.

 

Lemmy B. è uno stravolgimento di prospettiva nel definirsi, una decisione radicale nel pensarsi. Non attendere, agire. Una soggettività non prevista si manifesta e afferma la volontà di essere presenza generativa in un sistema dominante che adotta la paura come elemento fondante all’interno di uno schema di controllo meticoloso, asfissiante. L’estetico e il politico s’instaurano reciprocamente nello spazio abitato da Lemmy B. e stimolano pratiche trasformative attraverso le quali il soggetto si apre a un divenire non determinato, allenando partiture di consapevolezza. In una scena nuda, dove la drammaturgia sonora è un costante sguardo che non lascia scampo, il corpo, come unico dispositivo in grado di riconfigurare grammatiche di potere, sovvertire canoni, esplorare nicchie di piacere e alleanze costituenti.

 

Rivolto ai lavoratori migranti filippini a Trieste e ai loro coetanei, questo allestimento mira a esplorare come/perché/quando i monumenti vengono costruiti, mantenuti, lucidati, celebrati, dimenticati, demoliti e ridefiniti. I residui di questa rimessa in scena verranno raccolti e montati, per poi realizzare una pubblicazione o un film. Durante il lancio della pubblicazione o del film è previsto un karaoke. Praticare l’arte, soprattutto per coloro che provengono da un ambiente operaio, è considerato un lusso. Ho potuto permettermelo solo grazie al sostegno dei miei generosi parenti, per lo più di sesso femminile, che lavorano come lavoratori migranti in Europa. Senza di loro non credo che sarei in grado di costruire le basi della mia carriera di operatore culturale. Nel corso degli anni sono entrato in istituzioni e spazi che mai avrei immaginato di poter accogliere.

La mia pratica è diventata la chiave che mi ha permesso di “nidificare”, sotto forma di mostre, conferenze, ricerche e interventi editoriali, portandomi a (ri)definire e (ri)modellare parti della mia identità, storia e coscienza. Attraverso questa residenza intendo mettere in luce non solo le questioni della migrazione e del lavoro, ma anche la lotta e le aspirazioni individuali e collettive che si sono formate dalla lontananza da casa, in particolare dalle Filippine. I monumenti sono generalmente costruiti per commemorare un evento o una persona significativa. La loro presenza serve anche per orientarsi in una città, un paese, un luogo. I monumenti urbani riflettono il modo in cui i nostri antenati usavano alberi, montagne e fiumi come punti di riferimento per ricordare il loro cammino. Che cosa accadrebbe se i monumenti si spostassero improvvisamente? Come pensi che identificheremo le località o arriveremo alle destinazioni? Come potremmo diventare navigatori senza monumenti?

 

Nel 1983, a New York, Samantha Pile, ex moglie del geologo Álvarez e drammaturga teatrale, debutta con il suo primo musical, AFTER THE END, che racconta quello che accade dopo la fine improvvisa di una storia d’amore. È un flop assoluto. Samantha si consola leggendo l’articolo di un rotocalco in cui si afferma che solo il 5% delle relazioni sopravvive al passare degli anni. Nell’immaginario collettivo nulla sopravvive all’impatto di un asteroide, a prescindere dal volume della massa rocciosa. Eppure la vita – intesa come la forza cosmica che stringe la materiadella Terra in un’intimità carnale – continua a trovare nuove forme per essere, in un incessante processo di metamorfosi.

In ASTEROIDE, un performer solo in scena tenta di parlare di tutto questo al pubblico. Una minaccia, però, incombe sul suo corpo: una forza misteriosa fa irruzione e tenta di distrarlo dall’obiettivo, strattonando la voce e i gesti e gettandoli con forza verso Broadway. Un musical si addensa come una nuvola sulla testa del performer e si impossessa delle sue movenze, delle sue intonazioni e infine delle sue parole, assoggettandolo al potere di un irresistibile numero di entertaining. Il performer cerca disperatamente di attenersi al contenuto del discorso, ma viene progressivamente divorato dall’assurda necessità di danzare e cantare, come sempre accade nei musical, nei quali la canzone irrompe nella realtà senza nessun motivo apparente.


La tecnologia e il virtuale sono ormai colonne portanti della nostra esistenza. Questi nuovi pilastri stanno mettendo sempre più in discussione il nostro guardare, sentire, creare, amare, parlare. In una parola, vivere. Ci sono molti modi per raccontare questo presente. Uno di essi è il teatro, gioco di corpi e parole, in un presente che è già passato. Io parto dalle parole per arrivare al linguaggio, decomporlo, vivisezionarlo. In questo progetto parto dunque da una una storia che ho scritto. Storia che ha per protagonista una pianta di oleandro, seppur virtuale. Perché credo che, in questo momento storico, un dialogo filosofico/esistenziale che si interroghi sul futuro (virtuale) non possa prescindere da un confronto con le nostre origini (naturali).


Il progetto è frutto di tre anni di ricerca e insegnamento in scuole medie di di provincia – e non solo. Abbiamo raccolto suggestioni, interviste e materiali utili alla scrittura. C’è uno scheletro generale ed una sinossi del lavoro. Alcuni quadri sono già stati scritti. La messa in scena è ad uno stadio embrionale, con circa 20 minuti lavorati in piedi. Non sarà uno spettacolo di Teatro Ragazzi. Ma uno spettacolo che parla di ragazzi, nuove generazioni, barriere comunicative. Il tutto affondato nella concretezza, nella realtà e nella società in cui viviamo. Un luogo lontano, una città alla deriva. In cui il Sindaco è scappato, il Vicesindaco irreperibile. L’Assessore alle Politiche del Lavoro prende a calci i barboni, quello alle Politiche Giovanili è dentro per spaccio. L’Assessore alla Cultura è il dittatore assoluto e ogni mese organizza lo Schiuma Party. Qui Pietro e Ariele insegnano in una scuola media. Insegnare è sempre stato il sogno di Pietro – di Ariele no. Lasciare il segno, dicono i latini. Davanti a loro ventitré ragazzi. A loro non fanno teatro, i genitori non vogliono, lo trovano inutile. Insieme fanno Tecniche di lavoro di gruppo. Liberamente ispirato ad una storia molto vera.


Un’ intelligenza artificiale clownesca che trascina il pubblico nel suo mondo musicale-surreale, eseguendo ordini ed esaudendo desideri. Uno spettacolo comico con sfumature dark, che mescola il clown ad atmosfere da Black Mirror L’intelligenza artificiale ha volontà? ha sentimenti? L’intelligenza artificiale è perfetta o insegue affannosamente la perfezione? Sono queste le domande che accompagnano l’unico personaggio che domina la scena: un personaggio misterioso e clownesco, che sembra non saper parlare, eppure riesce a comunicare con il mondo esterno. E’ lui, P-1-P-0, immerso in un mondo fiabesco-artificiale, che parla alternando codice binario, grammelot, suoni semi-comprensibili e frasi digitali che si trasformano in ritmo e musica. Una voce esterna gli impartisce ordini incessantemente, senza tregua, senza respiro. E lui, P-1-P-0, è felice di esaudire ogni desiderio. E’ uno schiavo accomodante, è un servo felice, costantemente alla rincorsa della perfezione. La voce esterna potrebbe essere qualcuno di noi che impartisce ordini ad Alexa o Siri, potrebbe essere un utente qualsiasi, un qualunque user che da’ i suoi comandi a Ok Google. Saremo mai perfetti quanto lui?


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