‘Un sogno a Istanbul’ con Maddalena Crippa e Maximilian Nisi in scena al Teatro Duse di Bologna dall’1 al 3 marzo. Lo spettacolo, per la regia di Alessio Pizzech, è liberamente tratto dal romanzo-canzone ‘La Cotogna di Istanbul’ di Paolo Rumiz, edito da Feltrinelli.
LA STORIA D’AMORE TRA MAX E MASA
Al centro della storia l’amore tra Max e Maša. Maximilian von Altenberg è un ingegnere austriaco che viene mandato a Sarajevo per un sopralluogo nell’inverno del 1992. Siamo in pieno conflitto balcanico. Un amico gli presenta la misteriosa Maša Dizdarevićì, austera e selvaggia, splendida e inaccessibile vedova e divorziata, due figlie che vivono lontane da lei. Tra i due scatta un’attrazione potente che però non ha il tempo di concretizzarsi. Max torna in patria e, per quanto faccia, prima di ritrovarla passano tre anni. Sono i tre anni fatidici citati ne ‘La gialla cotogna di Istanbul’, la canzone d’amore che Maša gli aveva cantato. Maša ora è malata, ma l’amore finalmente si accende. Da lì in poi comincia un’avventura che porta Max nei luoghi magici di Maša, in un viaggio che è rito, scoperta e resurrezione.
LO SPETTACOLO
Lo spettacolo di Alberto Bassetti, per la regia di Alessio Pizzech, vede in scena, accanto ai protagonisti, Mario Incudine che firma anche le musiche e Adriano Giraldi. Le scene e costumi sono di Andrea Stanisci, le luci di Eva Bruno.
ALESSIO PIZZECH
“Cerco in questo spettacolo di restituire un racconto scenico che le nuove generazioni condividano”, spiega il regista Alessio Pizzech. Questo “perché la memoria del sangue versato non sia dimenticata e perché un’Europa sempre più indifferente si accorga delle proprie macerie dell’anima. Il racconto di questo amore è un paradigma della grande storia”. Una grande storia “come è sempre ogni amore che scompagina i confini della nostra anima. Ci spinge verso territori sconosciuti e la violenza dei sentimenti si confonde alla rabbia che porta al conflitto chiamato guerra”. La storia d’amore tra Max e Maša diventa quindi “metafora degli sconfinamenti, del nostro lasciarsi invadere, della possibilità di incontrare, di costruire storie che ci spostino dal nostro punto”.
L’EUROPA
“Su cosa si fonda l’Europa se non su questi comuni destini”, sottolinea Pizzech. “Su questo sangue, su amori nati sulle ceneri di palazzi crollati, sulle schegge di bombe che hanno dilaniato architetture. L’Europa è figlia di queste storie, l’Europa è la sua storia e noi siamo il risultato di questi processi storici che dialogano con la nostra storia personale. In questo umanesimo profondo, nuovo e rivissuto, si fonda la speranza che promana da questo lavoro. Un lavoro che racconta quanto tutto si trasformi, come niente muoia e tutto resti sotto forme diverse, ma riconoscibile all’occhio e orecchio attento”.
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