“L’anatra all’arancia” è andato in scena al Teatro Stabile di Trieste La Contrada dal 29 febbraio al 3 marzo 2024
Dio sa quanto abbiamo bisogno e ci meritiamo un po’ di leggerezza in questi tempi plumbei e dissennati. E allora, una commedia umoristica scritta alla fine degli anni Sessanta dal britannico William Douglas Home, e successivamente adattata a gusti più latini da Marc-Gilbert Sauvajon, può essere, almeno per un paio d’ore, la scialuppa di salvataggio in mezzo al diluvio di lacrime che ci sta sommergendo.
Eppure, anche in questo testo divertente che viaggia a ritmo intenso descrivendo una crisi coniugale causata da noia, insoddisfazione e infedeltà, troviamo uno spunto per commentare l’attualità.
Che sollievo, la reazione pacata del marito, interpretato da Emilio Solfrizzi, che scopre di essere stato tradito e che, invece di accoltellare la donna, colpirla con un martello, buttarla giù dalla finestra, come le cronache ci raccontano ogni giorno, riempie i bicchieri di whisky e dialoga con lei affrontando la questione con flemma e civiltà. Ne esce un personaggio che, lungi dall’essere immune dalla gelosia, sa che se c’è una possibilità di riconquistare la moglie e farla desistere dal partire col suo amante, quella è usare l’astuzia.
Ed è proprio lavorando su efficaci e ridicole sottigliezze d’ingegno che il drammaturgo costruisce il gioco spassoso dove la moglie, Carlotta Natoli, e il suo amante, il figlio d’arte Ruben Rigillo, trascorreranno la serata e la notte in compagnia del marito che, per l’occasione, ha invitato la sua avvenente segretaria, la giovane Beatrice Schiaffino, allo scopo di suscitare a sua volta la gelosia della moglie.
Il titolo originale della prima versione inglese era “The secretary bird”, dove il riferimento alla segretaria è corredato dal sostantivo “bird” che significa uccello, ma è anche un modo di indicare in inglese una bella ragazza; inoltre, “secretarybird” è il nome popolare inglese del Sagittarius Serpentarius, un grosso rapace di alcune regioni sub-sahariane che si nutre di insetti e piccoli vertebrati.
Questi rimandi lessicali e semantici sono troppo criptici per un pubblico non anglosassone, ed è per questo che l’adattamento francese, da cui deriva anche quello italiano, ricorre invece a un elemento gastronomico fuori dal comune ma comunque riconoscibile come un cibo raffinato e aristocratico, così come aristocratico è l’amante della padrona di casa.
Mentre in cucina sfrigola nel forno l’anatra all’arancia che sarà servita per cena, le buffe perfidie che il marito riserva all’amante trovano sponda nella complicità della scosciatissima segretaria e nel burbero scetticismo della cameriera, una esilarante Antonella Piccolo, apparizione periodica e implacabile prodiga di giudizi e consigli.
Il cast sembra divertirsi molto, e trasmette lo stesso spirito al pubblico che, in alcuni momenti, reagisce dimenticandosi che sta assistendo a una finzione, come nel caso di una signora delle prime file che si lascia trasportare e commenta compiaciuta ad alta voce quando anche i tradimenti del marito vengono smascherati.
Ancora di più abbiamo apprezzato questo spettacolo perché la protagonista, Carlotta Natoli, è un’artista che ci mette la faccia, si spende e non teme di affermare i principi della democrazia e del diritto, come quando, dopo i recenti e brutali fatti di Pisa e Firenze in cui la polizia ha manganellato a sangue i ragazzini che manifestavano pacificamente, non ha esitato a salire su un palco allestito davanti al teatro dell’Opera di Roma per leggere una lettera aperta in cui esprime con passione il sostegno ai giovani che vogliono vivere in un paese libero: «Noi non vi lasceremo soli. Dovete ricordare che per ogni colpo di manganello ci sono cento, mille mani tese che vi riporteranno dritti, cento mille braccia che vi consoleranno».
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