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"Improbabili amori" di Mitri e Manetti sbarca ai Fabbri - IL PICCOLO 13/2/25

Immagine del redattore: La Contrada TeatroStabilediTriesteLa Contrada TeatroStabilediTrieste

Improbabili Amori in scena al Teatro dei Fabbri, produzione La Contrada, con Andrea Mitri nella foto a sinistra in giacca nera e camicia bianca e Gila Manetti nella foto a destra con maglia nera e coprispalle rosso con i brillantini mentre fa una smorfia.

Due volti di punta dell'improvvisazione nello spettacolo prodotto da La Contrada.


Gila Manetti e Andrea Mitri, tra i maggiori esponenti di improvvisazione teatrale in Italia, domani e sabato alle 20.30 saranno in scena al Teatro dei Fabbri con il loro spettacolo comico, "Improbabili amori". All'insegna del "qui e ora" e prodotto dalla Contrada che lo propone nella sua rassegna AiFabbri2.

Mitri, ex calciatore professionista, anche della Triestina, da molti anni vive in Toscan. È impegnato sulle scene come attore ed è scrittore di romanzi e di racconti. Nei suoi testi fonde spesso surreale e verosimile, per addentrarsi nelle sfumature della realtà. Per questo spettacolo lui e Gila Manetti si ispirano al mondo delle convention, dove per ore si parla del nulla e come se fosse la cosa più importante del mondo.

Andrea Mitri, un "contenitore" teatrale imprevedibile pare un luogo perfetto per un argomento come l'amore, in cui si naviga a vista.

«Il canovaccio è quello di due strampalati conferenzieri che conducono un convegno scientifico a tema. Sono davanti a un pubblico di presunti esperti, che si prodigheranno nel dare loro degli argomenti. Di fatto, all'inizio della serata, gli spettatori scriveranno su dei bigliettini una breve frase sull'amore, il loro nome e la loro professione. Questi spunti saranno il motore di ogni nostro intervento nei panni dei due studiosi. Metteremo in scena le nostre tesi a ttraverso spezzoni di film, pezzi teatrali, poesie e altro, i tutto sul momento».

Ne verranno fuori delle belle.

«E non sappiamo quali, ma di sicuro non sara nulla di " filosofico". Sul palco giochiamo. È uno spettacolo che vira al comico. Certo, le emozioni nascono spontanee e succede quel che succede».

Lei com'è passato dal gioco del calcio al teatro?

«A 27 anni giocavo con il Pistoia, che all'epoca non era una città vitale come adesso. Visto che non sapevo cosa fare nel mio tempo libero mi sono iscritto a un corso di recitazione a Firenze, dove mi sono diplomato al Laboratorio 9 nel 1986. Poi, agli inizi degli anni Novanta, quando ho smesso con lo sport, sono andato a vedere i match della Lega Italiana Improvvisazione Teatrale e per me sono stati una rivelazione».

È in quel contesto che lei e Gila Manetti vi siete incontrati.

«Sono trent'anni che ci conosciamo. È un'attrice bravissima. Nell'improvvisazione le tecniche e gli stili sono tanti e diversi, e tra noi abbiamo delle affinità per le quali ci piace molto lavorare insieme».

Oggi l'improvvisazione teatrale, per il pubblico, è un concetto più familiare rispetto a 30 anni fa. «Alla base di spettacoli come questo c'è una sorta di patto con gli spettatori, perché affinché tutto possa nascere davvero in quel momento, è necessario che anche loro entrino nell'idea che ogni cosa sarà nel presente e sarà irripetibile. Mi appassiona moltissimo proprio questa atmosfera di coinvolgimento tra platea e palco».

Per paradossale che possa sembrare, improvvisare, in un'epoca all'insegna della precarietà, aiuta a sentirsi piu sicuri di sé?

«Ha molte valenze positive, dal suo lato liberatorio al fatto che aiuti a vincere delle insicurezze. E per diversi motivi come tecnica ed esperienza è uscita dai confini dei corsi di teatro per venire esplorata, anche in altri ambiti, ad esempio nelle aziende, quale strumento di consapevolezza e crescita personale».


Annalisa Perini

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