Paola Pini
“Per me, novantenne, il tempo con voi è volato”. Così una signora, frequentatrice estremamente assidua delle sale teatrali triestine, ha voluto condividere le proprie impressioni con gli attori di una compagnia giovane a larghissima maggioranza in senso strettamente anagrafico, nella sua interezza se si vuol considerare invece la freschezza e la spontaneità nello stare in scena, risultato della notevole capacità di tutti nel combinare con sapienza rigore e passione, slancio e bravura.
Le repliche di Molto rumore per nulla, in scena fino al 12 gennaio al Teatro Orazio Bobbio (in calce si riportano le date dell’intera tournée), vedono la presenza di un pubblico davvero intergenerazionale: giovanissimi, giovani, adulti e anziani concordi tutti in un giudizio entusiastico, ben dimostrato da un’attenzione partecipe e coinvolta per questa realizzazione, corale nel senso più profondo del termine.
Romeo e Giulietta allo specchio, si potrebbe azzardare, perché anche qui si assiste a una morte, alla sfida a duello, al prezioso aiuto di un frate, allo scontro tra due “famiglie”; sono opere scritte da Shakespeare contigue nel tempo, secondo le cronologie stimate dagli studiosi (la tragedia tra il 1594 e il 1597; la commedia tra il 1598 e il 1599).
Colui che Harold Bloom definì “l’inventore dell’uomo moderno” combinò con un’invidiabile saggezza, totalmente libera dal giudizio, le infinite sfumature delle grandezze e delle fragilità, delle passioni e dei tumulti che ci animano, offrendo tutto ciò al pubblico di ogni epoca. Ed ecco che, anche in questo caso, possiamo vivere l’esperienza della catarsi degna di ogni grande tragedia pur avendo iniziato ridendo, sorridendo e partecipando con allegria all’inizio di uno spettacolo che si era aperto sotto i migliori auspici di una commedia dal meccanismo perfetto.
Grazie a questa messinscena assistiamo a un ottimo esempio di teatro, un teatro in grado di prendere consapevolmente su di sé il ruolo più nobile di rito collettivo, strumento di narrazione costruita con umiltà e impegno per un fine nobile, qual è quello di metterci di fronte a noi stessi, alle nostre comuni e personali fragilità e contraddizioni, alla nostra difficoltà ad agire con rispetto e senza leggerezza nei confronti degli altri.
Senza che un altro, se non noi stessi, possa giudicarci.
Vediamo in scena la nobiltà di quest’arte teatrale così difficile, effimera e necessaria per noi animali narranti, che della narrazione abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo e che troppo spesso ignoriamo o diamo per scontata. Non tutte le narrazioni sono uguali, non tutte ci nutrono allo stesso modo.
Ci sono i manicaretti, i piatti gourmet e il cibo spazzatura.
Questo spettacolo rappresenta una tavola imbandita generosamente con ogni tipo di prelibatezze, create tutte con amore e dedizione a partire dai prodotti più semplici delle campagne a noi vicine.
L’adattamento è alleggerito e integrato senza perdere nulla dell’originale, anzi.
Un esempio per tutti, quello che forse definisce l’intero spettacolo: il breve monologo di Ero (assente nel testo originale, ma perfettamente coerente con l’intera opera), spettro al proprio funerale, ci porta per un attimo alle tragedie di oggi senza stravolgere per nulla lo spirito originario e, a conferma di ciò, strappando al pubblico coinvolto un altro dei tanti applausi a scena aperta tributati di volta in volta all’intero cast, costituito da artisti maturi e a tutto tondo, in grado di giocare i rispettivi (e a volte molteplici ruoli) con l’arte di toccare con grazia e convinzione gli innumerevoli registri e rendere così al meglio questo congegno complesso e sorprendente.
Complesso e sorprendente come la vita stessa.
Ovunque regna l’intrigo: chi per il bene comune, chi per il male altrui; ognuno si illude di ottenere un risultato, ma alla fine ne usciranno tutti cambiati.
Perché, se anche nessuno muore veramente, molta dell’ingenuità originaria è finita per sempre in una fossa comune e non si può più tornare indietro.
Vis comica e vis tragica, dramma e farsa, registro alto e allusioni salaci si alternano coinvolgendo il pubblico in una partecipazione permeabile.
Ed è stato perfettamente palpabile il reale sconcerto della platea nel momento in cui, poco dopo l’intervallo, dalla gioia per il matrimonio si passa alla violenza inaudita dell’accusa più infamante che si possa infliggere a una giovane innocente.
I costumi attualizzati, la scenografia leggera e la musica contemporanea rendono il contesto facilmente fruibile a ogni spettatore, favorendo ulteriormente la disponibilità ad essere coinvolti.
Nella speranza che questa compagnia possa dare ancora altro nutrimento con nuovi progetti, di certo altrettanto convincenti, possiamo con sicurezza affermare che questo È teatro vero.
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