Alessandro Di Battista ne parla oggi con un monologo all' AncheCinema
«Seguo la sua vicenda da una dozzina di anni, è una vergogna mondiale»
Assange. Colpirne uno per educarne cento. Questo il titolo del monologo che Alessandro Di Battista porterà in scena questa sera alle 20.30 al teatro AncheCinema, a Bari, ripercorrendo la parabola del giornalista Julian Assange, il fondatore del sito WikiLeaks che da 12 anni non vede la luce del sole. Di Battista, ex deputato M5S e oggi reporter e attivista politico, partirà dal caso Assange per aprire uno spaccato su una storia che riguarda la libertà di stampa in Occidente. Dalla pubblicazione dei documenti segreti agli anni da rifugiato politico nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra fino all'arresto e alla detenzione nel carcere inglese di massima sicurezza di Belmarsh. E ancora il rischio dell'estradizione in Usa e della galera a vita.
Di Battista, perché portare il caso Assange nei teatri?
«Seguo la vicenda di Assange da 12 anni. Lo incontrai personalmente all'ambasciata dell'Ecuador a Londra nel 2013 quando ero parlamentare. Ho deciso di raccontare questa storia perché è una delle peggiori vergogne che si sta consumando in Occidente, e ne rappresenta al meglio l'ipocrisia: un giornalista che sta marcendo in carcere per aver fornito alla pubblica opinione mondiale notizie vere, di pubblico interesse. Parto dalla storia di Assange e poi mi sposto all'attualità e alle guerre del presente, dal massacro di Gaza alla guerra in Ucraina».
Questo monologo ha già visto diverse date. Com'è la reazione del pubblico?
«È un pubblico molto attento. Per me il modo migliore per omaggiare Assange è utilizzare le informazioni che lui ci ha permesso di conoscere sulla guerra in Libia, in Afghanistan, in Iraq per leggere il presente. Per questo è un monologo che interessa moltissimo e sta avendo un grande successo».
Nel sottotitolo scrive: "Colpirne uno per educarne cento".
«Per me questo è l'obiettivo principale di coloro che hanno deciso di colpire Assange: evitare che possano nascere in futuro nuovi Assange. È come dire: occhio a pubblicare notizie scomode sul potere che conta, perché poi rischiate di fare la fine di Assange. È un tentativo di criminalizzazione di un grande giornalista per evitare che altri possano seguire le sue orme».
Il monologo aprirà una riflessione sulla libertà di stampa. In Italia si parla di carcere per i cronisti. E c'è l'inchiesta di Perugia, con tre giornalisti indagati. Cosa pensa?
«Su quel caso penso che i giornalisti abbiano fatto servizio pubblico. Li difendo perché ho sempre difeso il diritto delle pubbliche opinioni di essere informate. Per quanto riguarda poi l'informazione in Italia penso che sia controllatissima. Questo è l'obiettivo del governo, ma non soltanto nel nostro paese. È una prassi europea e occidentale: tentare di salvaguardare il potere mettendo il bavaglio ai pochi che ancora hanno il coraggio di alzare la testa ».
E a proposito del caso Scorati?
«A me non stupisce. Oggi tutti parlano di Tele Meloni. Ma io ricordo Tele Draghi e Tele Renzi. Il problema è che c'è una legge del governo Renzi che di fatto ha concesso al governo di controllare la Rai. Chi ha il diritto di indignarsi quindi non sono i politici ma i cittadini. Basti guardare il racconto del massacro di Gaza».
Di cui parla anche in "Scomode verità", ultimo suo libro pubblicato a marzo.
«Nel mio libro ho raccontato una serie di verità che confutano e smentiscono il cosiddetto pensiero dominante, sia sulla guerra in Ucraina sia sul massacro dei palestinesi».
Caso Bari?
«Purtroppo il trasformismo del Partito Democratico pugliese e il suo essere vicino a personaggi più che discutibili non mi è nuovo. All'epoca sostenni Antonella Laricchia sia contro Fitto sia contro Michele Emiliano. Aveva ragione Antonella Laricchia ».
Si definisce attivista politico.
«Sto portando avanti battaglie politiche al di fuori delle istituzioni attraverso il mio lavoro e senza essere pagato con denaro pubblico. Mi sembra un modo nobile di fare politica. Ci ho sempre creduto, per questo non mi ricandidai nel 2018. E quello che dissi allora è quello che sto facendo. Il teatro è un lin~aggio molto potente, perche non c'è la fretta della televisione e si riescono ad approfondire determinate tematiche».
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